La Prealpina del 31-10-2017
Un cane può essere un grande narratore e mostrarci quanto possa essere potente il legame con gli esseri umani. È quello che accade nel romanzo «Attraverso i miei piccoli occhi» (Salani editore, 14,90 euro) in cui lo spagnolo Emilio Ortiz, 43 anni, ipovedente e ora completamente cieco, ha dato voce al golden retriever Spock, suo cane guida.
«Nel mio caso il cane mi garantisce la mobilità e l'autonomia personale. Ma in generale, nella nostra società, sempre più individualista, le persone colmano i loro bisogni affettivi con un cane, è meno problematico. Ma anche il cane ha bisogno di noi, è integrato nella nostra società e non potrebbe più vivere da solo. E questo vale anche per noi» dice Ortiz, che è originario dei Paesi Baschi e vive ad Albacete, vicino a Valencia.
«E vorrei denunciare - aggiunge lo scrittore - chi abbandona gli animali. Farlo è un crimine orribile perché abbiamo bisogno uno dell'altro. Nel caso di un cane-guida questo è moltiplicato per mille. Non ci sono persone con cui passi 24 ore al giorno nella tua vita. Con un cane-guida succede e anche se il tempo passato insieme non ti fa per forza costruire legami più solidi, sicuramente aiuta a capirsi meglio».
Spock, che nel romanzo si chiama Cross, non ha prestato solo i suoi occhi a Emilio Ortiz, è «diventato una cosa sola» con lui, come dice lo stesso scrittore che è nato con una malattia progressiva, una retinite pigmentosa, che fa perdere la vista a poco a poco. «Conservo ricordi di alcune forme e colori. Dispongo di una banca preziosa di immagini» dice Ortiz che è completamente cieco dai 25 anni.
«Il mio legame con Spock è così forte da arrivare alla telepatia. Non credo - racconta l'autore - a storie di magia, misticismi, ma a quello che ho vissuto. Ed è successo che io pensassi di uscire per andare in farmacia, e non ci vado ogni giorno, e Spock senza che io dicessi nulla, mi ha portato proprio in quel posto. E qualche volta è successo anche che io capissi le sue esigenze. Il nostro è un linguaggio non verbale, invisibile».
Nel romanzo - in cui ogni capitolo si apre con la citazione di un brano musicale, un testo teatrale o un film più o meno amato dall'autore - troviamo Mario, un ragazzo cieco di 22 anni, che studia all'Università, ha il desiderio di realizzare un progetto di lavoro e di vivere la sua relazione di coppia, ma la sua vita è segnata dalla disabilità. «È stato un modo per stabilire una specie di gioco, di nascondino, con il lettore. Non ci sono sempre le mie opere preferite, ma è un omaggio alla cultura» sottolinea l'autore. «Non ho mai pensato di scrivere un libro di rivendicazioni.
Alcune cose me le hanno fatte notare i lettori. Ma spero che questo romanzo possa dare una spinta verso il raggiungimento dell'unica cosa che desiderano fortemente i disabili: integrarsi nella società. Tanti passi avanti sono stati fatti rispetto a 30 anni fa. Abbiamo l'educazione inclusiva, non la separazione tra disabili e persone normali, ma ci sono due cose fondamentali di cui la società deve rendersi conto: tutti i progetti e le leggi che ci sono devono essere finanziate e queste cose non dipendono solo dai politici, ma da noi cittadini, disabili e non. Noi dobbiamo dare l'esempio e le persone normali devono avere fiducia in noi, perché un disabile è dotato di molteplici abilità e sensibilità e può offrire molto ingegno e creatività» spiega Ortiz che prima di questo romanzo ha scritto micro storie e racconti. E ora sta lavorando a un nuovo libro, «il seguito di "Attraverso i miei occhi", perché ho ancora molto materiale e me lo chiedono i lettori e anche a un nuovo progetto top secret» dice.