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Panorama del 30-01-2018

immagine occhioI progressi in oftalmologia spiegati dall'esperto: dalle patologie più gravi, che prima portavano alla cecità, oggi si può guarire.

Oggi, contro le principali malattie che colpiscono gli occhi, la maculopatia, la retinopatia diabetica, il glaucoma, si stanno facendo diversi passi avanti.

Lo spiega a Panorama.it Mario Stirpe, presidente dell’IRCCS fondazione Bietti per lo studio della ricerca in oftalmologia che ci illustra quali sono. «Fino a poco tempo fa c’era il rischio della completa perdita della vista» dice Stirpe «ora, grazie ai progressi fatti, questo pericolo è sempre più remoto. Prendiamo per esempio la degenerazione maculare».

Che tipo di malattia è?

È chiamata anche maculopatia senile, perché si sviluppa in genere dopo i 70 anni: La sua incidenza è in aumento per l’allungamento della vita media. È causata dalla smoderata proliferazione di nuovi vasi sanguigni nell’occhio, che lo danneggiano fino a fargli perdere la completa funzionalità se non si interviene.

Si può prevenire?

La malattia avviene nel punto dove si forma la visione dei dettagli: chi ne è affetto vede le cose distorte, quindi se ne accorge subito. Nei giovani invece si manifesta con miopie molto elevate. È necessario dunque, alla comparsa di questi sintomi, una visita oculistica per arrivare alla diagnosi.

Ci sono fattori di rischio?

Il pigmento della retina è un elemento protettivo per le neo formazioni vascolari, quindi, chi ha occhi scuri ha meno probabilità rispetto agli altri.

Quali sono oggi i trattamenti?

Per la forma più aggressiva, la essudativa, ci sono farmaci iniettati all’interno dell’occhio che inibiscono la proliferazione neovascolare. In pratica si chiudono questi vasi. Nei giovani la cura è definitiva e si risolve spesso con una o due iniezioni, mentre negli anziani si programmano tre iniezioni, una al mese. Abbiamo avuto in cura scrittori famosi che sono riusciti a riprendere il loro lavoro, ma per alcuni sono state necessarie anche 30 iniezioni. C’è poi la forma che chiamiamo asciutta.

Questa è diversa?

Qui non c’è neoformazione vasale. Un tempo era considerata meno pericolosa della essudativa perché non porta alla cecità. Oggi le cose si sono capovolte: per la essudativa abbiamo un trattamento efficace, non ancora per la maculopatia asciutta. Non esiste una terapia, anche se sono in corso nel mondo numerosi studi. Il motivo è semplice: alla base di questa forma c’è la morte cellulare ed è quindi più difficile ripristinare la funzione visiva.

Lei ha citato anche la retinopatia diabetica.

Anch’essa consiste nella proliferazione di membrane neovascolari che riempiono la cavità oculare, distruggendo la retina. Insorge in età media e non sono rari i casi di giovani colpiti tra i 20 e 25 anni, dove è più grave, anche se oggi fortunatamente non si arriva più alla cecità completa.

Dato che è correlata al diabete, si può prevenire?

La prevenzione metabolica è fondamentale, ma spesso è proprio l’esame del fondo dell’occhio, fatta in qualsiasi ambulatorio oculistico, che rivela il diabete.

Quindi non ci sono sintomi.

Spesso ci accorgiamo che c’è una retinopatia grave e il soggetto non lo sa perché ci vede ancora bene. Quando si verifica la perdita della vista, significa che la malattia è già molto avanzata.

Come si cura?

Con trattamenti foto coagulativi per distruggere le formazioni di vasi sanguigni: si bruciano con il laser. Ma c’è di più: le stesse iniezioni per la maculopatia funzionano anche nella retinopatia diabetica. Quindi, se la malattia è molto diffusa, invece di usare il laser (che può bruciare alcune zone dell’occhio) si iniettano queste sostanze che hanno un’azione simile.

Tra le malattie dell’occhio più diffuse c’è poi il glaucoma...

Il glaucoma comporta l’erosione del campo visivo dalla periferia dell’occhio verso il centro. In questo caso la prevenzione è la soluzione principe, perché la malattia non dà nessun segno fino a che non è già devastante: il soggetto se ne accorge a volte in maniera casuale, magari inciampando in un gradino, perché gli manca la visione periferica.

Si può prevenire?

Quando insorge la presbiopia, e si fa la visita oculistica, bisogna fare subito l’esame del fondo dell’occhio e della pressione oculare. L’aumento di quest’ultima è il sintomo che porta alla perdita del campo visivo.

E per la cura?

Oggi la terapia consiste nel ridurre la pressione oculare. Ma non si può ripristinare la visione già persa, la cura è volta solo a fermare la patologia. Una parte della comunità medica considera il glaucoma una malattia neurodegenerativa, come Alzheimer e Parkinson. Questo filone di ricerca, che individua la causa nella carenza di fibre neurali del nervo ottico (proprio come nelle malattie neurologiche degenerative dove c’è perdita di cellule cerebrali), ha portato all’impiego di farmaci neuro-protettivi, soprattutto a base di citicolina.

Quali sono gli ostacoli per continuare a fare scoperte e trovare terapie efficaci?

Nella genetica e nei tumori dell’occhio sono fondamentali gli studi multicentrici. Ma c’è carenza di risorse umane che si dedichino interamente a questo scopo.

Bisognerebbe incentivare i giovani a restare in Italia invece che andare all’estero?

Non solo. I clinici hanno poco tempo a disposizione per la ricerca, perché oberati dalle visite negli ambulatori degli ospedali, sempre più intasati: si dovrebbero invece occupare di terapie e cure dirette.

Che cosa proporrebbe?

Una riforma radicale: ora gli ospedali non sono solo dedicati alla terapia, ma anche alla visita ambulatoriale. Gli ambulatori andrebbero portati fuori dall’ospedale, come una volta, quando la visita si eseguiva all’esterno: all’ospedale dovrebbe andare l’ammalato già diagnosticato con una necessità di cura. In questo modo si accorcerebbero le liste e i tempi di attesa sia per le diagnosi sia per le terapie. Bisognerebbe tornare al modello della sanità con l’Inam, l’ente pubblico abrogato nel 1977, che aveva dei suoi ambulatori extra ospedalieri.

E per le risorse economiche?

Serve un controllo centralizzato, che ora manca, sull’autonomia sanitaria regionale, che ha portato un miglioramento al Nord ma un drastico peggioramento nel Sud, che non sa autogovernarsi bene. In parole meno astratte: per la cura delle maculopiatia le Regioni settentrionali rimborsano alle strutture una cifra più alta rispetto a quanto erogano quelle del Sud, così in queste ultime i cittadini ricevono una peggiore assistenza.

Come si può abbattere il divario?

Come membro del Consiglio Superiore di Sanità posso confermare che oggi il Ministero della Salute ha pochissimo potere sulle Regioni. Invece dovrebbe avere l’autorità per sostituire le persone che governano male la sanità in quelle regioni del Sud che hanno la ‘incultura’ della salute. In quei casi invece non interviene il ministero della Sanità bensì qullo dell’economia, operando dei tagli. Ma così la sanità peggiora sempre più. Inoltre la ricchezza regionale incide anche sulla migliore cura del cittadino, perché dove c’è virtuosismo ci sono investimenti da parte di enti e fondazioni per la ricerca, e non solo i pochi fondi erogati dallo Stato.

Per esempio?

Dei 40 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico italiani, gli Irccs dove si fa ricerca clinica, 19 sono in Lombardia.

di Angelo Piemontese

 

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