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Superando del 04/02/2021

Pubblicato nei giorni scorsi dall’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori), l’opuscolo intitolato “L’odio contro le persone disabili” è uno strumento apprezzabile che fornisce una rapida panoramica sia dei reati di matrice discriminatoria che colpiscono le persone con disabilità, sia delle disposizioni che li sanzionano. Manca ancora, per altro, una lettura intersezionale che assommi le varie caratteristiche suscettibili di provocare reati di matrice discriminatoria: una lacuna che, una volta colmata, renderà tale strumento ancora più efficace.

di Simona Lancioni

Istituito nel settembre del 2010, l’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) è un organismo interforze preposto a rispondere operativamente alla domanda di sicurezza delle persone appartenenti alle cosiddette “categorie vulnerabili”, coordinando il lavoro della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri riguardo alla prevenzione e al contrasto dei reati di matrice discriminatoria.
In questo inizio di 2021 l’Osservatorio ha pubblicato l’interessante opuscolo intitolato L’odio contro le persone disabili, realizzato da Stefano Chirico e Salvatore Buscarino, rispettivamente direttore e componente della Segreteria, avvalendosi anche delle sagaci vignette di Paolo Piccione (l’opuscolo è disponibile integralmente a questo link).

Di agevole consultazione e ben articolata, la pubblicazione contiene importanti elementi utili a tracciare un sintetico quadro delle offese, delle umiliazioni e delle molteplici forme di discriminazione che colpiscono le persone con disabilità, delle quali troviamo riscontro nelle cronache quotidiane.
Vittorio Rizzi, vicedirettore generale della Polizia di Stato e presidente dell’OSCAD, nella sua introduzione chiarisce che in questo contesto il ruolo delle forze di polizia non si può limitare alla repressione dei reati commessi nei confronti delle persone con disabilità, e precisa che «l’impegno deve essere rivolto, ancor prima, alla prevenzione e alla formazione, perché non basta conoscere la cornice normativa di riferimento, ma serve possedere anche strumenti offerti dalla psicologia e dalla sociologia che consentano all’operatore di polizia di capire le diversità, di mettersi nella prospettiva della persona disabile e di intercettare subito i comportamenti che potrebbero essere discriminatori. Quell’uniforme deve rappresentare, oggi più che mai, non solo un presidio di legalità, ma anche un enzima di crescita culturale per combattere pregiudizi e stereotipi, contribuendo alla realizzazione di un ambiente sociale che consenta alle persone disabili di esprimere pienamente la loro personalità e il loro talento [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]».

L’opuscolo sposa l’approccio sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge 18/09), nella quale la disabilità scaturisce dall’interazione tra la minorazione della persona (fisica, mentale, intellettuale o sensoriale) e le varie barriere che possono impedirne la piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri.
Il tratto distintivo dei reati di matrice discriminatoria o “crimini d’odio” (Hate Crimes, nella disciplina internazionale) è «la motivazione di pregiudizio che l’autore nutre nei confronti di una o più “caratteristiche protette”, reali o presunte, della vittima: origine etnica o “razziale”, convinzioni religiose, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità e così via. I reati nei confronti delle persone disabili rappresentano, quindi, un ground tipico dei crimini d’odio; tuttavia, a differenza di quanto avviene rispetto ad altri àmbiti, le relative norme incriminatrici non richiedono il movente discriminatorio da parte dell’autore del reato e, pertanto, non dovrà essere provata la motivazione di pregiudizio, di discriminazione o di odio per la loro applicazione».

A questa definizione segue una panoramica della normativa sulla materia: i riferimenti impliciti ed espliciti alla disabilità da una parte nelle Carte internazionali, quali la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, la Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU) del 1950, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (cosiddetta “Carta di Nizza”, del 2000) e la già menzionata Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006); dall’altra parte la normativa nazionale, a partire dalla Carta Costituzionale, e a seguire l’articolo 36 della Legge 104/92 – che prevede l’aumento, da un terzo alla metà, delle sanzioni penali per specifici reati – insieme a diverse altre disposizioni contenute nell’ordinamento penale e di procedura penale italiano. Il tutto è integrato da alcune indicazioni operative sull’applicazione delle disposizioni contenute nel citato articolo 36 della Legge 104/92.

Qualche dato. A partire del 2017, quando una modifica del sistema di indagine ha permesso di rilevare in modo disaggregato i dati relativi ai reati aventi per vittime persone con disabilità, si è registrato un significativo incremento di quelli comunicati all’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa): 157 nel 2017, 210 nel 2018 e 207 nel 2019. Tuttavia, come spiegano dall’OSCAD, «il sensibile incremento dei casi complessivamente segnalati all’organizzazione internazionale non è correlabile statisticamente ad un proporzionale aumento dei crimini d’odio nel nostro Paese, ma, piuttosto, attribuibile a un significativo miglioramento del sistema di monitoraggio».
A completare il quadro troviamo alcuni paragrafi inerenti alla violenza sessuale verso la persona con disabilità, ai maltrattamenti e alle violenze posti in essere nelle case di riposo e di cura, al bullismo e al cyberbullismo, al divieto di sosta dei veicoli negli spazi riservati alle persone con disabilità, e una tabella riepilogativa dei reati.

Insomma, l’opuscolo si presenta come uno strumento utile e ben curato che, sia pure in modo sintetico (si compone di sole sedici pagine), fornisce una rapida panoramica dei crimini d’odio che colpiscono le persone con disabilità e delle disposizioni che li sanzionano.
E tuttavia, pur apprezzando il lavoro svolto e l’impegno manifestato dall’OSCAD, non possiamo sorvolare su un’importante lacuna: sebbene alcuni degli esempi ripostati riguardino ragazze e donne con disabilità, non vi è alcun riferimento alla discriminazione multipla che colpisce le donne con disabilità, rendendole più esposte alla violenza di genere rispetto alle altre donne, e più discriminate rispetto agli uomini con disabilità (che non subiscono la discriminazione di genere). Manca, in sostanza, una lettura intersezionale dei crimini d’odio che consenta di rilevare come una stessa persona con disabilità possa divenire vittima di questo tipo di reati perché assomma in sé più caratteristiche suscettibili di provocare reati di matrice discriminatoria. Difficilmente una persona con disabilità è “solo” una persona con disabilità, essa, infatti, può essere donna o uomo, può essere eterosessuale o appartenente alla comunità LGBT+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), può essere un/e minore, una persona adulta o una persona anziana, può avere la nazionalità italiana o essere straniera/nomade/immigrata/richiedente asilo, potrebbe essere normopeso o sovrappeso e così via. Integrare queste ulteriori caratteristiche nelle valutazioni dei diversi casi che di volta in volta si presentano, e considerarle simultaneamente, non potrà che rendere ancora più efficace il lavoro, già apprezzabile, della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri nel prevenire e contrastare i reati di matrice discriminatoria.

Simona Lancioni,

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso e viene qui ripreso, con minime modifiche di contesto, per gentile concessione.

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